Che cosa significa “morto“? Non è sempre facile o ovvio fornire la definizione di “morto” perché ci sono almeno due tipi di morte. La morte circolatoria si verifica quando il tuo cuore smette di funzionare. Senza la circolazione sanguigna, gli organi vitali non funzionano. La morte cerebrale si verifica invece quando, come dice la parola stessa, è il cervello che smette di funzionare. Il cervello controlla i movimenti, i pensieri e la personalità. Con la tecnologia moderna, tuttavia, anche una persona con morte cerebrale può continuare ad avere un battito cardiaco, muoversi in risposta a determinati stimoli mentre gli organi vitali continuano a funzionare. Per molti, e a tutti gli effetti, una persona cerebralmente morta sembra viva.
Stabilire la morte cerebrale
Può essere difficile stabilire se una persona è cerebralmente morta. Sebbene esistano linee guida per determinare la morte cerebrale negli adulti e nei bambini , il dibattito continua su come dichiarare una persona cerebralmente morta, in base a quali esami e test.
A complicare ulteriormente le cose, c’è il fatto che non tutti accettano il fatto che morte cerebrale significhi morte. Alcune sette dell’ebraismo , ad esempio, insegnano che la morte si verifica quando qualcuno smette di respirare e non ha un battito cardiaco. In alcuni stati degli USA (New York e nel New Jersey ad esempio), una persona cerebralmente morta può essere legalmente viva se il paziente o la famiglia hanno obiezioni religiose alla morte cerebrale.
Nel dicembre del 2013 l’adolescente Jahi McMath è stata dichiarata morte cerebrale in seguito a un arresto cardiaco. Nel 2016 la sua famiglia ha intentato una causa federale per la revoca del suo certificato di morte. Il cuore di McMath ha continuato a battere fino al 22 giugno del 2018: «”Mia figlia è morta il 22 giugno 2018, non il 12 dicembre 2013″, ha detto sua madre nella dichiarazione. «Jahi McMath non era morta ne cerebralmente ne in qualsiasi altro modo. Era una bambina che meritava di essere curata e protetta, non di chiamata cadavere».
Una Questione Morale?
Poiché la controversia su chi è morto e chi è vivo infuria tutt’oggi, forse i medici dovrebbero basarsi su questioni meno accademiche, e avvicinarsi di più al pensiero e alle idee di pazienti e le famiglie. Ci sono famigliari di persone con lesioni cerebrali irreversibili che decidono di interrompere il supporto vitale entro pochi giorni perché l’essenza di quella che consideravano una vita significativa per il loro famigliare era scomparsa. Altre volte capita che i famigliari di pazienti che soddisfano i criteri di morte cerebrale si rifiutino di smettere il supporto, sperando in un miracolo o non accettando il concetto di morte cerebrale.
La Fiducia è un fattore importantissimo
Se da un lato va incoraggiata la conversazione filosofica su ciò che costituisce la morte, dall’altro va sostenuta la ricerca, così da comprendere meglio le funzioni cerebrali.
Continuare a fornire assistenza a una persona con morte cerebrale è costoso, apparentemente inutile per alcuni, e può causare un notevole disagio morale per gli operatori sanitari.
Questo, però, poco importa ai pazienti e alle loro famiglie che non accettano che i propri affetti vengano scavalcati da definizioni mediche, tecnologia e denaro. Per questo è molto importante creare fiducia tra medici e famiglie, concentrarsi sui valori, sule convinzioni e gli obiettivi di ogni nucleo.
La fiducia è un fattore importante e di certo serve ad aiutare le famiglie a prendere decisioni mediche difficili alla fine della vita o quando si presentano situazioni critiche. Quando la vita di una persona cara è in bilico, la fiducia è fondamentale.
La determinazione della morte sarà probabilmente sempre una questione controversa. Con la fiducia, il rispetto e l’apertura come base delle conversazioni decisionali, le famiglie e i medici possano lavorare insieme per fare scelte rispettose e ragionevoli.