Non è facile dire cosa è la morte. Dare una risposta a questa domanda è qualcosa alla quale l’uomo aspira sin dall’inizio dei tempi. La risposta più semplice e ovvia è che la morte sia l’opposto della vita. Più precisamente, la morte è la fine della vita. Una cosa muore quando cessa di essere viva.
Vita e Morte
Questo banale assunto ha due importanti implicazioni.
- La vita e la morte sono esclusive: niente può essere vivo e morto allo stesso tempo. (Tranne il gatto di Schroeder).
- La vita e la morte non sono le uniche condizioni. Alcune cose non sono né vive né morte. Una cosa che non è mai stata viva – una pietra, ad esempio – non può essere morta. La morte, infatti, non è la semplice assenza di vita. Essere morto non è la stessa cosa dell’essere non vivente.
Abbiamo detto che la morte è la fine della vita e questo rende la morte un concetto negativo. Ma per sapere cos’è la morte, dobbiamo tracciare un confine netto tra vita e morte. Abbiamo bisogno di sapere cosa significa essere vivi. La vita e la morte si trovano all’opposto, ma la vita è il concetto di riferimento. Noi siamo in grado di definire la morte paragonandola alla vita, non viceversa.
Il Concetto Biologico di Morte …
La vita può essere considerata una sorta di processo o attività fisica. Gli organismi viventi sono in grado assimilare materia, trasformarla, e poi, alla fine del processo, espellerla. Queste attività servono principalmente a promuovere la vita dell’intero organismo.
Il sistema digestivo di un animale, ad esempio, estrae i nutrienti dal cibo e questi nutrienti sono poi distribuiti, attraverso la circolazione sanguigna, a tutto il corpo. Analogamente, le foglie di un albero producono i nutrienti dalla fotosintesi e questi sono distribuiti in tutto l’albero.
Al contrario, tutti i prodotti nocivi al funzionamento sano, come ad esempio l’anidride carbonica e l’urea vengono eliminati dall’organismo, non stoccati in altre aree.
Un essere vivente è un sistema composto di molte parti che cooperano per mantenere il sistema in funzione. Quando alcuni di questi smettono di funzionare, l’organismo comincia a decadere. Ne consegue che la cessazione di queste attività rappresenta la morte.
A grandi linee, quindi, qualcosa è viva solo se al suo interno si svolgono determinate attività biologiche. Una cosa è viva quando (e solo quando) funziona biologicamente. Una cosa muore quando cessa di funzionare biologicamente.
Questa concezione biologica della morte, sembra implicare che la morte sia univoca. C’è solo un tipo di morte, ed esso vale per tutti gli esseri viventi allo stesso modo. Possiamo dire che tutti gli esseri, che siano piante o animali, sono vivi nello stesso senso e muoiono nello stesso senso.
… e quello Psicologico
Il concetto biologico di morte, espresso sopra, sembrerebbe incontrovertibile. Nonostante sia la definizione più gettonata nei libri di biologia, questa visione non è esente da critiche.
Quando un organismo inizia a funzionare male, le attività biologiche al suo interno non si fermano tutti allo stesso tempo. Se il cuore di qualcuno smette di battere senza possibilità di farlo ripartire, anche la respirazione si interromperà, ma le cellule continueranno ad assorbire ossigeno dal sangue e a rilasciare anidride carbonica. Presto anche le cellule cominceranno a morire, ma di certo non tutte insieme.
Le cellule cerebrali sono quelle che muoiono prima mentre altre cellule sopravvivono più a lungo. Ecco perché è possibile effettuare i trapianti di organi. Le cellule dei reni e della cornea, ad esempio, rimangono vive ancora per un po’. Prendiamo ad esempio qualcuno il cui cervello ha smesso del tutto di funzionare. Le sue cellule cerebrali sono tutte morte, ma le cui cellule dei reni sono per la maggior parte ancora vive e funzionanti. La persona è dunque in parte biologicamente funzionante e in parte no. Bisogna considerare questa persona viva o morta?
Ci sono situazioni, come gli stati vegetativi persistenti, nei quali le funzioni del cervello responsabili del pensiero e della coscienza smettono di funzionare (solitamente per mancanza di ossigeno), mentre altre funzioni basilari rimangono attive. Gli esseri umani che si trovano in in uno stato vegetativo persistente sono spesso in grado di respirare, digerire il cibo e svolgere tutte le altre funzioni biologiche caratteristiche della vita senza l’aiuto di assistenza artificiale. Queste persone hanno soltanto il bisogno di essere nutrite e pulite.
Gli esseri umani in uno stato vegetativo persistente sono da considerarsi vivi o morti? Se da un lato queste persone possono essere considerate vive, dall’altro, forse più importante, si potrebbe considerarle morte.
Supponiamo che una persona a noi molto cara si trovi in uno stato vegetativo persistente a seguito di un incidente automobilistico. I medici hanno stabilito che non c’è nessuna possibilità che lui o lei possa riprendere conoscenza.
Ebbene, anche se questa persona non è morta sotto l’aspetto biologico, lo è per tutti gli scopi pratici. Il dolore e il lutto, per situazioni del genere sono risposte appropriate. Che senso ha in questo caso considerare queste persone vive soltanto perché c’è attività biologica? Non possiamo più apprezzare la compagnia di quella persona, non possiamo più parlarci, guardare un film insieme, passeggiare con lei e la lista di cose potrebbe continuare all’infinito.
Bisogna essere coscienti per godersi la vita. Ci vuole consapevolezza per ridere e scherzare con gli amici ed apprezzare il mondo attorno a noi. Quindi tutto ciò che conta nella vita, a quanto pare, richiede pensiero e coscienza. Questo suggerisce che forse la morte non si può ridurre alla sola cessazione delle funzioni biologiche, ma la cessazione delle funzioni mentali. La morte non è solo una questione biologica, ma anche psicologico.
Biologica o psicologica?
La morte può quindi considerarsi anche psicologica se si considera il pensiero e la coscienza dell’uomo una attività biologica.
Se la morte è la fine della vita, è un errore caratterizzare la vita come l’attività biologica che coinvolge attività quali la respirazione, la circolazione, il metabolismo e altre funzioni non mentali. La vita è piuttosto una sorta di attività psicologica. Si muore quando le tue attività mentali si fermano completamente. L’assunto potrebbe quindi diventare questo:
Una cosa è viva quando (e solo quando) ha la capacità di funzionare mentalmente.
Una cosa muore quando perde la capacità di funzionare mentale.
La concezione psicologica ha implicazioni importanti e controverse
Naturalmente questo concetto psicologico, non si può applicare a tutti gli esseri viventi. Gli alberi, ad esempio, non hanno capacità mentali. Non c’è psicologia degli alberi. Ne consegue che secondo la concezione psicologica della morte, gli alberi non possono morire perché non sono mai stati vivi. E come gli alberi, anche maggior parte di ciò che i biologi chiamano esseri viventi, non sarebbero realmente vivi e quindi impossibilitati a morire.
La visione psicologica della vita trova altri ostacoli quando si parla del concepimento. Le attività psicologiche cominciano ad apparire intorno al quinto/sesto mese dal concepimento. Volendo quindi applicare la concezione psicologica della vita e della morte, un feto di quattro mesi non è vivo, ma neanche morto. Bel paradosso!
La Vita Dopo La Morte
Supponiamo che ci sia vita dopo la morte. Supponiamo che dopo la morte, una parte di noi sia ancora in grado di ricordare le nostre vite terrene. Se fosse davvero così, seguendo la concezione psicologica, allora nessuno morirebbe mai. Quella che chiamiamo morte non sarebbe affatto morte, dato che non perderemmo le capacità mentali.
Stando a queste considerazioni, lo stato vegetativo non equivale a morte. Una persona in stato vegetativo è viva, molto viva. Tanto vivo quanto un’ostrica o una quercia. Un giorno, quando le sue funzioni biologiche cesseranno, allora morirà. Solo quando queste funzioni cesseranno sarà possibile dare a quella persona la sua degna sepoltura.
Un plurale tanatologico
Quelle esposte sembrano importanti obiezioni alla concezione psicologica della morte. Un modo per conciliare le cose è sostenere ci sono due tipi di morte. Potremmo semplicemente separare i due concetti di morte biologica e morte psicologica. Allo stesso modo ci sono due tipi di vita, quella biologica vita e vita psicologica. Alcune cose sono vive solo in senso biologico: alberi, ostriche, batteri e così via. Altre cose sono vive in quello psicologico: la maggior parte degli esseri umani, scimmie, e probabilmente cani e uccelli e altri vertebrati.
Gli esseri umani (la maggior parte di loro, comunque) godono sia della vita biologica che psicologica. Questa particolarità ci rende soggetti sia alla morte sia biologica che a quella psicologica. Nella maggior parte casi questi due eventi si verificano contemporaneamente.
Ci sono cari particolari, quale è lo stato vegetativo, nella quale la morte psicologica si verifica prima della morte biologica. A volte anche molti anni dopo. Questo punto di vista è il plurale tanatologico.
Analogamente si potrebbe quindi affermare che la vita biologica ha inizio pressappoco al concepimento, mentre la vita psicologica di una persona inizia soltanto quando il feto o il bambino acquisiscono una rilevante capacità psicologica.
La Morte come Separazione Dell’Anima
Per rispondere alla domanda Cosa è la Morte? abbiamo fino ad ora preso in considerazione tre risposte che possono riassumersi in questi punti:
- Un essere muore quando cessa di funzionare biologicamente.
- Un essere muore quando cessa di funzionare psicologicamente.
- Ci sono due tipi di morte: Un essere muore in senso biologico quando cessa di funzionare biologicamente. Un essere muore in senso psicologico quando smette di funzionare psicologicamente. Non esiste un concetto unico di Morte.
C’è però un’altra proposta che, sebbene differente da queste, non abbiamo preso ancora in considerazione. La Morte potrebbe essere il distacco dell’anima dal corpo. Questa era una visione ampiamente condivisa in passato. Molti movimenti religiosi continuano tutt’oggi a sostenerlo.
Cosa significa allora che l’anima di qualcuno si allontana dal corpo? Che cos’è un’anima?
Finché non ci sono risposte a queste domande fondamentali, non ha senso valutare la morte con il distacco dell’anima dal corpo.
Aristotele pensava che l’anima fosse una sorta di configurazione o organizzazione della materia di una cosa. Se prendiamo per buona questa definizione, allora dire che l’anima di qualcuno si è allontanata dal suo corpo, vorrebbe dire che la materia di cui il corpo è composto
ha smesso di essere configurata o organizzata in un certo modo speciale. Si potrebbe dunque pensare che il distacco dell’anima dal corpo è più o meno la cessazione del suo funzionamento biologico e psicologico. Ciò renderebbe la visione dell’anima del tutto compatibile con
le visioni biologiche e psicologiche.
Platone e Cartesio hanno invece una visione molto diversa dell’anima. Per loro l’anima è un immateriale Essere pensante. I due filosofi erano del parare che soltanto una cosa immateriale potesse essere in grado di pensare e avere coscienza. Inoltre, pensavano che un’anima potesse esistere e continuare a pensare e essere cosciente indipendentemente da qualsiasi cosa materiale.
Mentre sei vivo, pensavano Platone e Cartesio, la tua anima risiede all’interno del tuo corpo, un organismo biologico a formare un tutt’uno. La stimolazione degli organi biologici provoca sensazioni o stati percettivi nell’anima: ad esempio, un’anima può vedere perché la luce colpisce le mie retine retine. In buona sostanza, secondo Platone e Cartesio, l’anima riceve altre sensazioni il corpo viene stimolato.
In questo modo le persone ottengono la conoscenza del mondo attraverso la percezione. Quindi il corpo può influenzare l’anima.
Allo stesso modo, l’anima può agire sul corpo. È l’anima, infatti, a decidere di alzare il braccio ad esempio e questa decisione porta il mio braccio ad alzarsi. Per un’anima, essere in un corpo, quindi, significa essere in grado di percepire attraverso i sensi del corpo e riuscire a muovere quel corpo.
Quando l’anima “va via” dal corpo, allora questa interazione a due vie è perduta. La situazione, sarebbe quindi questa: Un essere muore quando qualcosa di immateriale perde la sua capacità di:
- Percepire attraverso gli organi di senso dell’essere che occupa.
- Muovere il corpo dell’essere che occupa.
Riallacciandoci alle definizioni precedenti, una persona in stato vegetativo dovrebbe essere morta secondo la concezione platonica ma non per quella biologica. Anche la visione platonica presenta alcuni degli svantaggi di quella psicologica: la maggior parte degli esseri viventi non possono morire perché non possiedono anime immateriali. Non sarebbe possibile per un albero, ad esempio morire.
Che si tratti della filosofia o della legge, in finale, la concezione più utilizzata è quella biologica. Per approfondire, potete leggere questo articolo: Morte Clinica e Morte Cerebrale
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