Sappiamo bene come credere in una vita dopo la morte possa alleviare il dolore per la perdita di una persona cara. Ma per quelli che non ci credono? Per quelli che hanno bisogno di prove per accettare l’esistenza dell’anima? Ebbene uno scienziato ha tentato di provare l’esistenza dell’anima con un metodo piuttosto banale: pesandola. L’esperimento ha dato anche il suo verdetto: il peso dell’anima è di 21 grammi.
Questa teoria trovò grande diffusione nella comunità scientifica ma, come era lecito aspettarsi, le critiche fioccarono. Secondo molti scienziati, si trattava di una segnalazione selettiva dei soli casi che soddisfacevano la teoria dei 21 grammi. Nonostante queste obiezioni, tuttavia, alcuni presero questa ricerca come una flebile speranza dell’esistenza dell’anima e di conseguenza, anche di una vita dopo la morte.
Una scoperta entusiasmante
È il 1907 e sulle pagine del New York Times compare una notizia straordinaria. Il titolo in bella evidenza informa che l’anima ha un peso… stando a quanto racconta il dottor Duncan Macdougall di Haverhill, Massachusetts.
Duncan Macdougall
Ma partiamo dal principio e riavvolgiamo il nastro fino ad arrivare al 1866, a Glasgow dove Duncan Macdougall è nato. Quando Duncan aveva circa vent’anni è immigrato negli Stati Uniti stabilendosi nella città di Haverhill, Massachusetts. Di li a poco frequentò la facoltà di medicina presso l’università di Boston. Laureatosi, tornò nella sua Haverhill come medico, si sposò ed ebbe un figlio. Come molti, in quel particolare periodo storico, anche Macdougall era particolarmente interessato alla morte, tanto da ideare un metodo per provare l’esistenza dell’anima. Duncan ipotizzò che se davvero abbiamo un’anima questa deve necessariamente occupare dello spazio e di conseguenza, anche avere un peso.
Il peso dell’anima
Insomma, dopo la morte di una persona, l’anima deve lasciare il corpo così che il peso del cadavere diminuisca. La sua ipotesi risale quindi al 1907 quando la pubblicò nel giornale dell’American Society for Psychical Research.
Poiché quindi (l’anima) è necessaria alla permanenza della vita cosciente e dell’identità personale dopo la morte, (l’anima) deve necessariamente occupare spazio ed avere una certa sostanza. La domanda che sorge è: questa sostanza ha un peso? È possibile misurarlo?
Duncan Macdougall
American Society for Psychical Research.
Per tentare di provare la sua teoria, Macdougall aveva bisogno di persone che stessero per morire, da utilizzare come cavie. La prossimità alla morte, però, non era l’unica caratteristica necessaria. Il morente doveva essere anche impossibilitato a muoversi, per non influire in alcun modo con l’accuratezza della misurazione.
Il mio primo soggetto è stato un uomo malato di tubercolosi e prossimo a morire. Ho preferito scegliere un paziente che stava morendo di una malattia che provoca molta stanchezza in quanto la morte arriva con minimi o nulli movimenti dei muscoli. In questi casi la bilancia è più stabile ed una perdita di peso può essere letta molto più facilmente.
Duncan Macdougall
American Society for Psychical Research.
La Tubercolosi
Non sono tante le persone che per gli ultimi momenti della loro vita si presterebbero a tali esperimenti. La tubercolosi però, (all’epoca conosciuta come consunzione) non solo era molto comune ma presentava un decorso facilmente prevedibile, grazie anche alla scoperta nel 1895 dei Raggi X da parte di Wilhelm Conrad Röntgen. Dato che la Tubercolosi è molto infettiva, molti malati furono mandati a curarsi in apposite strutture, anche per circoscrivere l’infezione. Una di queste strutture era la Dr. Cullis’s Consumptive’s Home (il Ricovero per Tubercolotico del Dottor Cullis) che si occupava di malati gravi di tubercolosi. Nella struttura del Dottor Cullis le cure erano affidate alla preghiera e, sebbene la preghiera non fosse proprio un metodo scientifico per curare la malattia, quantomeno la struttura offriva amorevole assistenza all’ammalato.
Il Dottor Duncan Macdougall ricevette una lunga serie di rifiuti dai vari ricoveri proprio a causa dei suoi studi, ritenuti da tutti troppo macabri. Tutti i ricoveri fuorché la Dr. Cullis’s Consumptive’s Home che offrì al Dottor Macdougall la sua opportunità. Il Dottor Cullis riteneva infatti che la scoperta dell’anima sarebbe stata di estrema importanza sia per la fede che per la scienza. Ci furono sei pazienti che si offrirono volontari per l’esperimento.
Come si pesa l’anima?
Come si è arrivati a stabilire che il peso dell’anima è 21 grammi? L’esperimento consisteva nel mettere su di una branda montata su una bilancia i pazienti prossimi alla morte. La bilancia doveva avere una sensibilità di due decimi di oncia, per intenderci doveva misurare scostamenti di 5.67 grammi. Proprio come Macdougall desiderava, questi pazienti erano così malati che neanche si muovevano, rendendo quindi le misurazioni particolarmente accurate. Macdougall, assistito da due dottori osservò con cura le indicazioni delle bilance e quando la morte sopraggiungeva annotavano l’ora esatta della morte e controllavano per eventuali cambi di peso in quel preciso momento.
L’esperimento ha inizio
Il primo esperimento ha avuto inizio il 10 aprile del 1901, quando il primo volontario è stato messo sulla bilancia. L’uomo ha continuato a respirare per 3 ore e 40 minuti prima di morire. Nel momento esatto della morte, il braccio della bilancia ha cambiato inclinazione andando a sbattere rumorosamente al suo fine corsa. La perdita di peso fu stimata in 3/4 di oncia, pari a 21 grammi. Stando a quell’esperimento il Peso dell’anima era di 21 Grammi.
Il secondo paziente, anch’egli malato di tubercolosi rimase sotto osservazione per quattro ore e 15 minuti prima di morire. Dopo la morte, il suo peso calò di 14 grammi. Altri quattro pazienti furono osservati dal team di Macdougal. Il paziente numero 3 alla morte perse 14 grammi mentre il numero 5 soltanto 10 grammi e mezzo.
L’esperimento sul paziente N.5 non fu possibile a causa della rottura della bilancia, mentre il numero sei morì prima di essere trasferito dalla sedia a rotelle alla bilancia.
Un test anche con gli animali
Macdougall credeva che gli animali non avessero anima e per provarlo condusse lo stesso esperimento su quindici cani. Sui risultati si pronunciò così:
Utilizzando tutte le precauzioni per ottenere la massima accuratezza delle misurazioni, i risultati sono stati unanimi: nessuna perdita di peso alla morte.
[…] I test ideali sarebbero quelli con i cani affetti da qualche malattia che li renda completamente inermi e incapaci di muoversi. Non sono stato così fortunato da reperire cani in quelle condizioni.
[…] Questi test sui cani sono stati corrotti dall’uso di farmaci per mantenere i cani fermi e la bilancia in posizione.
Duncan Macdougall
American Society for Psychical Research.
Sette anni dopo i suoi studi, il New York Times pubblicò la storia di questi esperimenti, che ricevette molte critiche. La critica più dura arrivò dal dottor August P. Clark che provò a spiegare la differenza nella perdita di peso tra umani e cani. Per il dottor Clark la risposta era: il sudore.
Un fattore pesante 21 grammi
Dopo la morte viene a mancare l’effetto “refrigerante” della respirazione che porta la temperatura corporea ad aumentare momentaneamente. Questo aumento temporaneo della temperatura corporea causerebbe una più rapida evaporazione del sudore che porterebbe alla conseguente perdita dei famigerati 21 grammi. La grande differenza, in questo caso, è che i cani non hanno ghiandole sudoripare e quindi non possono perdere peso alla morte.
Le critiche, tuttavia, non si sono fermate a questo. In molti hanno fatto notare, infatti, che soltanto uno dei casi presentati aveva registrato una perdita di peso di 21 grammi. La comunità scientifica, tacciava quindi il dottor Macdougal di Segnalazione Selettiva dei risultati.
Da un punto di vista moderno, il metodo utilizzato nel 1901 non può definirsi esattamente accurato, dato che non c’erano strumenti in grado di registrare il momento preciso della morte del paziente. Questa lacuna è stata addirittura ammessa dallo stesso Dottor Macodugal, per quanto riguardava il secondo paziente:
Il mio secondo paziente era un uomo che stava morendo di tubercolosi. L’uomo è rimasto sul letto sotto osservazione per circa due ore e quindici minuti, prima di morire. Nelle prime ore di osservazione egli ha perso peso ad un ritmo pari a 21 grammi ogni ora. Il secondo paziente aveva una respirazione più lenta rispetto al primo che ha causato una maggiore evaporazione di sudore e umidità e la conseguente maggiore perdita di peso. Durante gli ultimi quindici minuti, il paziente ha smesso di respirare ma i suoi muscoli facciali si muovevano ancora convulsamente. Alla fine, con il cessare dei movimenti facciali, il braccio della bilancia è calato e la diminuzione di peso era di 14 grammi.
Duncan Macdougall
American Society for Psychical Research.
Un campione troppo piccolo
Un’altra critica che venne mossa al dottor Macodugal è che il campione del test era troppo esiguo. Sei pazienti dei quali soltanto quattro con risultati ammissibili. In più, molte altre variabili non erano state controllate, come ad esempio la temperatura della stanza, le cause di morte e anche il fatto che i pazienti del test provenivano dallo stesso istituto.
Tutte queste imprecisioni nella conduzione della ricerca, resero i risultati del lavoro di Macdougal decisamente poco affidabili. Allora come mai ancora o?gi circola la voce che il Peso dell’anima sia di 21 Grammi? Si tratta di un fatto di cultura di massa.
Il Bisogno d’anima
Molti gruppi di fondamentalisti religiosi hanno preso la palla al balzo e hanno utilizzato questi esperimenti come prova dell’esistenza dell’anima e di conseguenza dell’aldilà. E nonostante il dottor Duncan Macdougall sia morto nel 1920, il peso dell’anima a 21 grammi si è fatto strada nella cultura fino ai giorni nostri.
Ricerche moderne sul peso dell’anima
Tentativi più recenti dell’esperimento sono stati messi in atto dal fisico Lewis E. Hollander Jr. su alcuni animali. Per la precisione, sono stati dodici gli animali oggetti di studio: un montone, sette pecore, tre agnelli e una capra. Al momento della morte, Il dottor Lewis ha rilevato un inspiegabile aumento di peso transitorio che andava dai 18 a 780 grammi per un periodo variabile tra uno e sei secondi con sette pecore adulte ma
non con gli agnelli o le capre. Le variazioni si sono manifestate al momento della morte, quando la respirazione e il movimento dell’animale erano ormai cessati.
Questi guadagni transitori di peso sono anomali in quanto non vi è alcuna perdita di peso compensativa come richiesto dalla terza legge di Newton. Non vi è stato alcun cambiamento permanente di peso alla morte.
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