Esperienze

Intervista a Barbro Karlen alias Anna Frank

Dopo aver parlato del suo caso in questo articolo, ecco un intervista che Barbro Karlen, la che si dice sia stata Anna Frank in una vita passata, ha rilasciato durante un evento pubblico in occasione della pubblicazione del suo libro. Era l'anno 2000 e sugli scaffali arrivava il suo libro And the Wolves Howled: Fragments of Two Lifetimes.

La mia

In questa intervista a Barbro Karlen, si parla nello specifico della sua reincarnazione. Di quando era Anna Frank.

I Brutti Sogni di Barbro Karlen

«Da bambina avevo sempre questi incubi nei quali i nazisti sfondavano la porta di ingresso di casa nostra. Li sentivo gridare i loro ordini e sentivo i loro cani abbaiare. Poi mi svegliavo che era mattina, gli uccelli fuori cantavano ed io mi asciugavo le lacrime dal viso. Quando avevo circa due anni ho detto a mia madre che il mio vero nome non era Barbro, ma Anna. Mia madre era confusa. Non sapeva di cosa stessi parlando e immagino abbia pensato che la mia fosse solo una fervida ».

Due vite allo stesso tempo

«Io però continuavo ad avere quegli incubi e quella strana sensazione di vivere due vite allo stesso tempo. Sapevo che il mio nome era Anna Frank, ma loro insistevano nel chiamarmi Barbro. I miei genitori volevano che io li chiamassi mamma e , ma io sapevo che loro non erano i miei veri genitori. Era quindi davvero una situazione complicata nella quale crescere. Non avevo nessuno con cui parlare di questo perché, sebbene i miei genitori fossero con me molto amorevoli, non hanno mai voluto davvero affrontare questa situazione».

Una Situazione Difficile

«Io però insistevo nell'affermare che il mio nome era Anna e che il mio vero papà sarebbe presto venuto a prendermi. A quel punto mia mamma ha cominciato davvero a preoccuparsi. Ha pensato che fossi pazza e così mi ha portata da uno psichiatra. Avevo circa sei anni ma avevo già capito che parlare di questo non era una cosa buona. Le persone non erano a proprio agio quando io cercavo di spiegare la situazione. Sono arrivata alla conclusione che anche questo dottore con il quale avrei dovuto parlare, si sarebbe comportato esattamente come tutti gli altri adulti facendomi sentire sbagliata. Così a lui non ho raccontato nulla. Nello studio medico mi sono comportata come qualunque bambina di sei anni allegra e vivace. Dopo la visita lo psichiatra ha detto a mia madre che era tutto a posto. Che sarei cresciuta in come tutte le altre bambine e che presto avrei abbandonato da sola questa mia idea. Io però non l'ho mai abbandonata. Al contrario, più passava il tempo e più ricordi mi tornavano in . Io però non dicevo niente. Diventavo sempre più silenziosa e tenevo tutto dentro».

A Scuola

«Ho cominciato la scuola quando avevo sette anni e li ho imparato a leggere e scrivere. È stato un gran sollievo imparare a scrivere. Finalmente potevo raccontare alla carta ciò che non avrei potuto dire a nessuno. La maggior parte di quello che scrivevo la gettavo via ma nonostante questo, la mia camera era piena di fogli scritti da me. C'erano poesie e piccole storie ma anche i miei pensieri sula reincarnazione, da dove veniamo, dove andiamo. Cose così. Un giorno un amico di famiglia si è imbattuto in uno di questi fogliettini di carta. Lui li ha raccolti tutti e ha chiesto miei il permesso di poterli prendere e farli vedere ad una persona. I miei genitori acconsentirono. Avevo più o meno undici anni».

I pensieri di Barbro in un libro

«Questo amico di famiglia è venuto da me a chiedermi se avessi altri fogli. Io ho preso tutto quello che avevo e glie l'ho consegnato. Prima che me ne accorgessi, il mio primo libro Man On Earth era pubblicato. Avevo 12 anni. Spinto dalla mia giovane età il libro riscosse molto successo. In quel libro però non c'era scritto niente dei miei ricordi di quando ero Anna Frank. Avevo deciso di non parlarne.

Ero Imbarazzata

«Di certo non mi vergognavo di essere Anna Frank. Piuttosto ero imbarazzata perché a scuola avevo imparato che Anna Frank era molto famosa. Le maestre hanno cominciato d'un tratto a parlare di Anna Frank ed io ero scioccata perché all'improvviso si stava parlando di me. Naturalmente poco dopo ha cominciato a raccontare la storia di Anna Frank, del diario e di tutto il resto. Ho capito all'istante il motivo per il quale tutti rimanevano pietrificati quando dicevo di essere Anna Frank.»

Il viaggio in Europa

«Ricordo anche che quando avevo circa 10 anni i miei genitori decisero di portarmi con loro in un viaggio per l'Europa a visitare grandi città quali Parigi, Amsterdam, Berlino. Ad Amsterdam, i miei genitori vollero visitare quelle che erano le attrazioni della città e la casa di Anna Frank era una di quelle. Era il periodo nel quale i miei genitori bollavano come fantasie le cose che dicevo sull'essere Anna Frank. Quando eravamo in Hotel, mio padre decise che la casa di Anna Frank doveva essere la nostra prima meta e mi chiese di chiamare un taxi. Io gli ho risposto che non ce n'era bisogno. La casa non era poi così distante. Sapevo esattamente dove eravamo. Lui rimase sorpreso, “come fai a sapere dove si trova la casa di Anna Frank se non sei mai stata qui?” Non lo so. Ma so dov'è. Lasciate che vi accompagni io. Non è lontana. Accettarono. Ci vollero dieci minuti e una volta arrivati i miei genitori erano davvero meravigliati. Avevano un'espressione che diceva “che sta succedendo?” ma a parole non dissero molto.»

In Casa di Anna Frank

«Appena arrivati ho subito notato che gli scalini fuori dal portone erano diversi. Mi sono fermata e ho detto: “Strano! Hanno cambiato i gradini”, ma neanche in quel caso i miei genitori dissero nulla. Poi, una volta entrati ho provato così tanta come non mai. Tutto d'un tratto ero di nuovo nei miei incubi. Ho riconosciuto tutto di quello che sognavo da quando ero una bambina piccola. Ho preso la mano di mia mamma e quando lei si è accorta quanto fosse fredda e sudata disse: “Mio dio! Che c'è che non va? Non vuoi entrare?”. “Certo che voglio” risposi, “voglio solo tenerti la mano”. Così abbiamo salito le scale e siamo arrivati nella stanza dove Anna Frank ha vissuto. Anche se davvero terrorizzata, c'era una parte di me che invece voleva andare avanti e vedere quella stanza. Presumo che avessi voglia di scoprire se in effetti era davvero tutto come lo ricordavo. Se quelle immagini che avevo in fossero esatte».

L'Intervista a Barbro Karlen continua alla pagina seguente

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