Cultura

Le rappresentazioni della morte

La rappresentazioni della morte - cosa c'è dopo la morte

L’arte della personificazione si è evoluta nel tempo, così che la pratica si è espansa anche oltre la mitologia e la religione. Molte volte ed in molti periodi storici si sono sviluppate differenti rappresentazioni della morte. Oggi, la personificazione è presente in quasi tutte le forme di arte visiva contemporanea, inclusi fumetti, cortometraggi e lungometraggi dal vivo e animati. Oggigiorno, non esiste una regola quando si tratta di personificare qualcosa: l’artista è infatti libero di interpretare e illustrare il concetto a modo suo. 

Il Tristo Mietitore

Con la personificazione che ha una storia così lunga, è probabile che il concetto della morte sia già stato espresso, moltissime volte. In tal caso, l’artista potrebbe scegliere se seguire lo standard stabilito dagli esempi precedenti o cercare di inventare qualcosa che si separi dal resto. 

Quando si parla del Tristo Mietitore, l’immagine classica che viene in mente è quella di una figura scheletrica avvolta in un cappuccio nero, con in mano una falce (e talvolta una clessidra). Qualcuno rappresenta il Tristo Mietitore anche con in mano un libro che contiene i nomi delle persone il cui tempo è ormai scaduto. La figura, però, non è stata sempre presentata in questa forma. La Morte ha avuto molti e diversi aspetti, influenzati dalla filosofia delle diverse civiltà.

Le Diverse rappresentazioni della Morte

Gli antichi greci diedero alla morte l’immagine del dio Thanatos, (qui un articolo a lui dedicato) un giovane alato e bello che guida i defunti negli inferi. Questa figura riflette la filosofia greca che in generale sostiene di non temere la morte.

I bellicosi Vichinghi, d’altra parte, vedevano la morte in battaglia come la cosa più onorevole e la rappresentavano attraverso bellissime fanciulle guerriere che volavano alte sopra il campo di battaglia, sia cavalcando cavalli alati che facendo affidamento alle proprie ali.

Queste visualizzazioni continueranno poi nelle religioni più moderne come il cristianesimo, l’Islam e l’ebraismo. All’interno dei testi sacri di queste religioni esistono numerose figure che possono essere definite come “angeli della morte“. Il tratto generale di questa figura che l’entità è benevola e sottomessa a Dio.

L’Angelo Della Morte

Nella rappresentazione dell’Angelo della Morte di Evelyn de Morgan nel 1890, l’essere è davanti a una donna, con il braccio sinistro che la conforta e la mano destra pronta a colpire con la falce. Il paesaggio desolato dietro la donna indica le difficoltà che ha attraversato nella vita, e le piante fiorite ai piedi dell’Angelo della Morte rappresenta la metafora che la morte non è così terrificante come sembra. In quanto tale, de Morgan è riuscito molto abilmente a catturare l’essenza dell’Angelo della Morte in questa ambientazione. La falce, tuttavia, non faceva parte delle immagini originarie dell’Angelo della Morte. Con ogni evidenza, dunque, questa opera d’arte è una concezione del Tristo Mietitore e de Morgan ne fu evidentemente influenzato. Per approfondire sull’Angelo Della Morte, potete leggere questo articolo

L’angelo della morte (1890) di Evelyn de Morgan https://www.demorgan.org.uk/collection/the-angel-of-death-i/

La Morte nell’Asia Orientale

Le antiche civiltà dell’Asia orientale avevano una visione molto particolare della morte. Per loro, la Morte era uno dei due lati del ciclo vita-morte. In questo ciclo, la morte è il processo in cui l’anima lascia il corpo e va negli inferi per essere purificata dai peccati della sua vita precedente per poi di rinascere nel mondo dei vivi. La divinità che presiede al regno dei morti è solitamente raffigurata come un dio demoniaco e temibile che giudica i morti e li punisce per i loro peccati con la tortura.

In Giappone

La versione giapponese di questo dio demone della morte si chiama Enma Daiō. Condivide il suo nome con gli dei cinesi e vietnamiti degli inferi, sebbene con ideogrammi diversi. Nonostante il suo aspetto imponente e la natura apparentemente crudele, è in realtà un dio compassionevole che ha sinceramente a cuore la purificazione delle anime, in modo che possano tornare nel mondo dei vivi invece di essere gettati nelle fosse dell’inferno. La sua origine coincide con quella di Yama, il dio indù della morte.

Enma Daiō di Matthew Meyer. Fonte: yokai.com

Questi sono solo alcuni esempi delle rappresentazioni della morte che si sono create nel tempo. Eppure, la maggior parte di loro ha poca o nessuna somiglianza con il Grim Reaper dei giorni nostri. In che modo, allora, il Tristo Mietitore è stato ritratto così com’è ora? Tutto è iniziato con il punto critico della storia noto oggi come la peste nera.

La personificazione della morte e Il Tristo Mietitore.

Durante la metà del XIV secolo la peste nera ha colpito oltre il 60% della popolazione dell’Europa occidentale. A causa della mancanza di una cura in quel momento, la morte era quasi certa per tutti gli infetti. L’alto tasso di infezione e la mancanza di comprensione su come veniva trasmessa la malattia, ha indotto le persone ad associare la peste alla morte stessa e, di conseguenza, la paura della peste è diventata anche la paura della morte.

Non sorprende che anche gli artisti siano stati colpiti da questa paura. Hanno iniziato a ritrarre la morte come una figura cupa e scheletrica, traendo ispirazione dai cadaveri decomposti che che era molto facile trovare ovunque durante la pandemia. All’inizio questa figura brandiva vari strumenti di morte come frecce o una balestra, ma alla fine la falce divenne l’arma preferita da tutti gli artisti. Il Tristo Mietitore viene dunque comunemente raffigurato mentre usa la falce per mietere grandi folle di persone, in modo simile a come i contadini falciano i campi di grano con le loro falci. L’altro suo nome, “Morte”, deriva dal quarto Cavaliere dei Quattro Cavalieri dell’Apocalisse nel Libro dell’Apocalisse, che porta lui stesso il nome Morte.

La Morte miete vittime. Fonte immagine: lightfox177.tumblr.com

Poiché la Morte Nera ha cambiato completamente l’atteggiamento generale nei confronti della morte in Europa, questo personaggio ha anche preso il posto dell’Angelo della Morte come personificazione principale della morte. Più tardi, quando i paesi europei iniziarono a colonizzare altri continenti, la cultura e la religione europee si diffusero in altre parti del mondo, e questo includeva il concetto di Tristo Mietitore. Nell’era attuale, gli artisti moderni di tutto il mondo tendono a usare il Tristo Mietitore come riferimento per creare la propria personificazione della morte. Tuttavia sia l’Angelo della Morte che le altre forme di rappresentazione sono ancora usate occasionalmente.

La rappresentazioni della morte nell’arte contemporanea

Ci sono naturalmente una serie di personificazioni della morte anche nell’arte contemporanea. Personificazioni della morte fanno capolino dal campo del cinema classico e d’animazione.

Il Settimo Sigillo

Nel film Il settimo sigillo di Ingmar Bergman, 1957, La Morte appare come un uomo pallido vestito con un lungo mantello nero. La Morte è rappresentata senza la sua tipica falce o clessidra. Il Mietitore arriva per reclamare la vita di Antonius Block, un cavaliere e appassionato giocatore di scacchi, che sfida la Morte a una partita di scacchi. La Morte non potrà portarlo con se finché la partita a schacchi non sarà finita. Nel film, la Morte prende la vita delle persone portandole via o facendole morire normalmente (come si vede quando uccide il personaggio Skat). L’aspetto completamente incarnato serve a dare alla Morte un aspetto meno spaventoso e consente al pubblico di concentrarsi maggiormente sui suoi dialoghi e sulle sue azioni. 

Nel film, la Morte si sostituisce ad alcune persone “normali“, in particolare un prete e un monaco, quindi questo suo essere incarnato risulta ancora più appropriato. L’assenza della falce e della clessidra potrebbe essere interpretata come il tentativo di Bergman di creare la propria, unica personificazione della Morte. Il potere della morte di prendere vite non è quindi soltanto legato o limitato alla falce, e la clessidra non è necessaria perché c’è già un altro strumento che sta calcolando il tempo rimanente: la scacchiera

Finché il gioco non è finito, il tempo del cavaliere non è scaduto. Al contrario, la sua vita terminerà quando la partita sarà terminata. Tuttavia il cavaliere non può sfuggire alla Morte, poiché la Morte apprende la sua strategia scacchistica fingendosi un prete e ascoltandolo durante la confessione. Sebbene il cavaliere riesca ad aiutare una famiglia a sfuggire alla morte distraendola, è probabile che abbia solo ritardato la loro morte proprio come il cavaliere ha ritardato la sua all’inizio del film. Nessuno sfugge alla Morte, come dichiara lui stesso.

La morte nel film Il settimo sigillo (Bergman, 1957). Fonte: https://www.ingmarbergman.se/en/universe/death-and-its-discontents

Una Parentesi Musicale

Nel 2006, la band inglese dei Keane pubblica il suo secondo album. La prima traccia è Atlantic il cui video musicale è un chiaro omaggio al film Il settimo sigillo di Ingmar Bergman. In questo video, girato in bianco e nero, un uomo, camminando lungo una spiaggia con il mare in tempesta assiste alle azioni di strani personaggi. Incontra poi la morte che alla fine porterà via tutti. L’autore della canzone, Tim Rice-Oxley, ha in effetti ammesso che “La canzone parla della paura di morire da soli”.

Le rappresentazioni della morte
Keane – Atlantic

Vi presento Joe Black

Della morte esistono anche un discreto numero di incarnazioni che non non ricalcano l’aspetto classico del Tristo Mietitore, o di qualunque altra figura. Per questioni di trama, La Morte non è facilmente riconoscibile fino a quando la sceneggiatura non fornisce abbastanza suggerimenti o dice apertamente chi è il personaggio. 

Una esempio di questo tipo di rappresentazione della morte appare nel film Vi Presento Joe Black di Martin Brest, 1998. Nel film, l’aspetto della morte è quello di un giovane uomo normale La morte appare sotto mentite spoglie a Bill Parrish, un uomo destinato a morire. Solo in seguito la Morte rivelerà la sua vera identità. Il motivo per cui la Morte ha quell’aspetto è spiegato nel film: perché vuole fondersi e vivere la società umana. In questo caso, l’aspetto di un essere umano è dunque il più appropriato. La morte attirerebbe molta attenzione se camminasse per la città con il suo solito macabro aspetto.

La prima apparizione della morte in Vi Presento Joe Black (Brest, 1998)

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